Borgata Vittoria, quadrante nord di Torino. Un’area nata per ospitare le grandi Case FIAT e insieme un diffuso sistema produttivo, occupata con estrema rapidità, secondo un programma di espansione che diede una risposta all’urgente fabbisogno di case senza un vero progetto globale. Il risultato è un’edificazione più o meno razionale, che seguì i criteri generici dei vecchi piani regolatori senza un’efficiente distribuzione dei servizi: trasporti, scuole, reti tecnologiche, spazi collettivi e
urbani organizzati “La città qui è fatta per lavorare, non per vivere” è la prima testimonianza che abbiamo raccolto da chi vive nel quartiere da sempre, ed è forse il pensiero più fertile da cui partire per capire a pieno quale sia oggi il vero volto di questa periferia.
L’aspetto peculiare è l’assenza di significato che lo spazio pubblico assume: qui è impossibile dare un nome alle cose. Le strade hanno le dimensioni di tangenziali, più che unire dividono. Le aree verdi, dove i bambini giocano, sono spazi di risulta sottratti al sistema di infrastrutture e vie, sono elementi isolati nati a “scomputo degli oneri di urbanizzazione”. In questo reticolo di strade ordinate, in apparenza tutte uguali le une dalle altre abbiamo trovato persone ostinate che in questi luoghi cercano quella dimensione umana del vivere quotidiano in periferia. Lo spazio urbano reclama dunque una nuova centralità, costruita sulla consapevolezza che la qualità della vita è proporzionale alla qualità degli spazi pubblici e delle relazioni che sussistono tra loro. Partendo da questa centralità, dal farsi “bene comune” dello spazio pubblico, siamo andati metaforicamente e anche fisicamente alla ricerca di una scintilla umana. Il rammendo di questi tessuti lacerati è una lunga marcia e si compie passo dopo passo attraverso piccole azioni concrete che, nel quadro generale, portino a una nuova visione dello spazio pubblico.
Il progetto per Borgata Vittoria ha voluto colmare un’assenza di significato creata più da una mancanza di appartenenza che da un vero abbandono. Il primo passo è stato definire il nostro Masterplan delle Opportunità, impostato su una strategia di riqualificazione dettata dalle caratteristiche già presenti e ancora riconoscibili ed ha rappresentato un quadro generale dal quale sono emerse le diverse linee di azione percorribili, come i fili di una tessuto intrecciati ma ben riconoscibili.
Abbiamo deciso di concentrare la nostra azione sul “parco senza nome”, uno spazio residuale a cavallo di corso Grosseto, un’area pedonale attrezzata vicina a una serie di attività, poli e attori socioeconomici con grandi potenzialità di integrazione. Un piccolo spazio da cui innescare un processo di coinvolgimento e rammendo di tutta l’area.
Il progetto si è sviluppato intorno alla realizzazione di nuovi elementi di arredo urbano in autocostruzione con l’obbiettivo di rispondere concretamente alla richiesta di maggiore vivibilità del parco e di valorizzazione delle attrezzature di cui è dotato. Al centro dell’azione la realizzazione di una struttura leggera a parziale copertura della passeggiata costituita da un sistema di vele in tessuto traforato di recupero che donano al parco piacevoli isole d’ombra e ne migliorano la vivibilità. L’iniziativa ha coinvolto alcune classi delle scuole del quartiere ed è stata condivisa e “adottata” da Don Angelo e dai giovani architetti di Plinto che hanno contribuito alla realizzazione dell’installazione. L’entusiasmo per l’impresa ha portato al concreto coinvolgimento delle istituzione locali ed in particolare l’assessorato alla rigenerazione urbana della Città di Torino con cui abbiamo avviato un fertile tavolo di discussione e la promozione di nuove vie di cogestione dello spazio pubblico.
L’intervento, di per sé molto semplice, ha voluto restituire allo spazio un carattere dignitoso, attivando energie, idee e iniziative. La nostra è stata quindi un’esperienza dialettica e di sostanza per la definizione di nuove forme di regolamentazione e promozione della gestione partecipata della res publica, un micro intervento che è diventato progetto pilota in grado di dare nuova sostanza e opportunità alla comunità del quartiere
Con un processo di mutazione costante, in cui “opere provvisorie” cambiano continuamente l’aspetto estetico del luogo, abbiamo voluto raggiungere una nuova forma di manutenzione e gestione nel tempo dello spazio pubblico, attraverso un patto di collaborazione tra pubblica amministrazione e attori sociali (giovani artisti, collettivi di designer, ecc.) che riesca, di volta in volta attraverso percorsi programmati, a manutenere e gestire il bene comune grazie a una continua trasformazione dello spazio. La temporaneità del progetto rispecchia la logica del mutamento che la periferia ha connaturata in sé. Attraverso questa opportunità “naturale”, il nostro obiettivo è stato fare del continuo riuso e della trasformazione dell’opera una forma alternativa di cogestione, in modo da mantenere sempre viva l’attenzione, sia di chi ogni giorno vive il quartiere e lo spazio comune, sia di chi transita velocemente e attraversa la periferia. Un modo quindi per dare significato allo spazio pubblico.
La manutenzione e la gestione dell’opera sono diventati così parte di un processo temporale che dovrà coinvolgere la Città di Torino e la sua più grande risorsa, i giovani.
Ora servono strumenti nuovi perché istituzioni, attori e cittadini si occupino dei luoghi insieme, anche trasformandoli di continuo.
Partner
Associazione Plinto, Plurality in Torino plinto.org
Hanno sostenuto il progetto
Città di Torino
Circoscrizione 5, Città di Torino
Città di Torino, Assessorato Progetti di Rigenerazione Urbana e qualità della vita e relativi progetti comunitari
Città di Torino, Assessorato Arredo e Decoro Urbano
Città di Torino
Assessorato Materie relative all’istruzione e all’edilizia scolastica,
Città di Torino
Assessorato Verde pubblico, viali alberati, parchi e sponde fluviali,
Città di Torino
Istituzione per una Educazione Responsabile
Laboratorio Città Sostenibile
Città di Torino, Contemporary Arts Service
Parrocchia San Giuseppe Cafasso
Istituto Scolastico San Giuseppe Cafasso
Associazione Casematte
Associazione Sport di Borgata
Cooperativa Sociale Arcobaleno
Cooperativa Sociale Agridea
Hanno collaborato attivamente al progetto
Gian Maria Mazzei dell’associazione Plinto
Marco Grazioso dell’associazione Plinto
Don Angelo Zucchi, preside della Scuola San Giuseppe Cafasso
Arch. Piergiorgio Turi del Laboratorio Città Sostenibile
Arch. Cecilia Guiglia di Luoghi Possibili
Arch. Paola Sacco di Luoghi Possibili
Hanno contribuito alla realizzazione del microintervento
Milan Ingegneria
Edilizia Verri Costruzioni
Parrocchia San Giuseppe Cafasso